Sviluppo di una strategia di terapia genica per la malattia di Charcot-Marie-Tooth di tipo 2A (CMT2A)

Aggiornato a ottobre 2017

Dott.ssa Federica Rizzo, Dott.ssa Monica Nizzardo, Prof.ssa Stefania Corti, Prof. Giacomo P. Comi, Prof. Nereo Bresolin
Centro Dino Ferrari, Università degli Studi di Milano

La malattia di Charcot-Marie-Tooth di tipo 2A (CMT2A) è una polineuropatia sensitivo-motoria, caratterizzata dalla morte dei neuroni motori e sensitivi. La patologia è dovuta a mutazioni nel gene Mitofusina2 (MFN2) che codifica per la proteina MFN2, localizzata nella membrana di un organello cellulare, il mitocondrio, che costituisce la macchina energetica delle nostre cellule.
Poiché i sintomi sono comuni a molte altre malattie neuromuscolari ed il fenotipo clinico dei pazienti è molto variabile, è spesso difficile ottenere una diagnosi corretta in tempi brevi.
Ad oggi, purtroppo, non è disponibile nessuna terapia risolutiva per questa patologia e pochissimi sono i gruppi di ricerca in tutto il mondo che si occupano di studiare questa malattia.
Gli obiettivi del nostro progetto di ricerca sono essenzialmente due:
1) approfondire le conoscenze dei meccanismi responsabili della malattia: cosa succede nelle cellule dei pazienti? e quali sono le differenze tra le cellule dei pazienti e quelle dei soggetti sani?
2) sviluppare una possibile strategia terapeutica

I nostri neurologi hanno per prima cosa eseguito una biopsia cutanea da diversi pazienti CMT2A in modo da ottenere i loro fibroblasti (cellule della pelle) che abbiamo riprogrammato in cellule staminali pluripotenti indotte (iPSC) in grado poi di differenziare in svariati tipi cellulari. Questa tecnica offre la possibilità di ottenere cellule paziente specifiche, come neuroni motori e sensitivi umani, tipicamente affetti nella patologia, ma impossibili da ottenere con altre strategie. E’ stato così possibile studiare direttamente cosa succede nei neuroni dei pazienti ed evidenziare alcuni aspetti tipici della patologia (per esempio alterazioni della centrale energetica delle cellule), grazie al confronto con i neuroni derivati dai soggetti sani. Questo studio ha contribuito ad approfondire i meccanismi molecolari coinvolti nella patologia attraverso la generazione del primo modello in vitro malattia-specifico ad aggi disponibile, indispensabile per sviluppare una valida strategia terapeutica.
Accanto allo studio delle cause della patologia, il nostro progetto di ricerca ha lo scopo di sviluppare un possibile approccio terapeutico per la CMT2A. Ad oggi, la terapia genica rappresenta una promettente strategia in quanto finalizzata a correggere la causa genetica alla base della malattia stessa. Questo tipo di strategia sta dando risultati molto promettenti in un trial clinico basato sull’utilizzo di sicuri vettori adeno-associati di tipo 9 (AAV9) che veicolino il gene sano nel sistema nervoso centrale di pazienti con la forma comune di Atrofia Muscolare Spinale (SMA), un’altra malattia neuromuscolare. Ci proponiamo di utilizzare lo stesso tipo di approccio per la CMT2A. Tuttavia, nel caso della CMT2A, non solo la mancanza del gene “sano”, ma anche la presenza della proteina MFN2 malata, che risulta tossica, sono la causa stessa della patologia. Non è sufficiente quindi reintrodurre il gene “sano”, ma è necessario anche spegnere quello malato. In questa prospettiva, proponiamo un approccio combinato di spegnimento del gene MFN2 “malato” e di reintroduzione del gene MFN2 “sano”.
Per appurare la fattibilità di questa terapia genica, abbiamo inizialmente verificato che il nostro metodo promuova effettivamente lo spegnimento del gene MFN2 “malato” e l’espressione del gene MFN2 “sano” nelle cellule dei pazienti e nel modello murino di CMT2A e abbiamo ottenuto risultati positivi.
In previsione di una possibile traslazione clinica di questa strategia, stiamo valutando l’efficacia di questo approccio nelle cellule dei pazienti e nel modello murino di CMT2A, monitorando il miglioramento della patologia. I primi risultati ottenuti nelle cellule dei pazienti hanno mostrato un significativo miglioramento del fenotipo patologico a seguito del trattamento: la centrale energetica delle cellule dei pazienti sembra ritornare operativa! Tanti altri esperimenti sono attualmente in corso per confermare questi dati promettenti.
Per quanto riguarda gli esperimenti nel modello animale, la situazione è più complessa in quanto il modello murino che abbiamo a disposizione non mostra sintomi della patologia in maniera evidente, richiedendo quindi una maggiore caratterizzazione alla ricerca di nuovi marcatori della malattia indispensabili per poter valutare se la terapia funziona davvero. Nei prossimi mesi ci dedicheremo proprio a questo obiettivo. Una volta identificati dei validi marcatori della patologia infatti, potremo verificare se questo trattamento è in grado di migliorare la patologia.